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L'ho conosciuto da bambino come mio mito assoluto: il mio primo debutto su un palcoscenico, in quinta elementare, è stato proprio con "Gregorio il gregario", un personaggio che Ugo faceva con Vianello in "Un due tre". L'ho amato e l'ho scoperto da spettatore in televisione negli anni Cinquanta, poi l'ho sempre seguito nei film: che sono stati film coraggiosi perché lui non si è mai adagiato sul cliché ma si è sempre messo in discussione ricominciando da capo. Quando mi hanno proposto di fare "Bertoldo, Bertoldino e Cacasenno", con lui e Sordi, con la regia di Monicelli, ho coronato un sogno della mia vita: c'erano tutti i miti della commedia che amavo. Qui comincia la mia frequentazione con Tognazzi uomo: e ho avuto la possibilità di verificare che quello che si diceva di lui era assolutamente vero. Era una persona divertita e divertente: sul set lo vedevi spesso quasi "appisolato", quasi "distratto", perché probabilmente stava pensando a cosa cucinare la sera. Eravamo nel deserto e lui mandava il suo assistente a prendere le provviste per cucinare per tutti: e dopo otto ore di riprese cucinare per cento persone non era cosa comune. Lui lo faceva, ed era sensibilissimo all'apprezzamento che la sua cucina poteva avere anche presso le persone pi
umili: un aspetto, questo, che ho sempre apprezzato molto, perché è un'altra rarità nel nostro mondo. Ho tanti ricordi di trasferimenti, di viaggi, di cene, fatti con una persona serena e molto lontana dal divismo, concentrata pi
sulla convivialità della vita che sulla sua carriera. Sul set, poi, era un compagno di lavoro molto generoso, e anche questo non capita spesso. D'altronde lui viveva per vivere, non per lavorare: il lavoro non era al centro delle sue priorità, e così riusciva ed essere generoso con gli altri. La caratteristica che più
mi ha colpito è stata proprio la sua grande umanità: averla mantenuta passando per una straordinaria popolarità, come ha fatto lui, è cosa non da tutti. |
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