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Un, Due, Tre... TELETOGNAZZI |
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Il varietà musicale di Scarnicci e Tarabusi "Un, due, tre" andò in onda dal 20 gennaio 1954 fino al 1959: 5 edizioni per 77 trasmissioni di 75 minuti circa, in onda inizialmente il giovedì e poi la domenica alle 21.20. Le prime edizioni furono affidate a Mario Carotenuto e Riccardo Billi e Mario Riva; inseguito subentrarono Ugo Tognazzi e Raimondo Vianello, che condussero il programma sino alla sua sospensione, dovuta, pare, a una battuta non gradita sull'allora Presidente della Repubblica Gronchi. |
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TV è l'acronimo di Tognazzi e Vianello: sanguigno, espressivo, contadinesco il primo (iscrive alla leggenda televisiva i personaggi di "Gregorio il gregario", della cantante della mala, più credibile di Ornella Vanoni in persona, di Juliette Gréco, del fabbricante di stuzzicadenti, delle varie "donne che lavorano"); misurato, civile, etereo come un nobile decaduto il secondo; memorabile la sua imitazione di Mario Soldati, inchiestista video. Entrambi interpretano il ruolo di ragazzacci, di provocatori della quiete televisiva, irriverenti verso tutto e tutti, suscitando spesso e volentieri le ire censorie. Come quella volta, 1959, in cui Tognazzi alluse garbatamente allo scivolone in diretta del presidente Gronchi, in occasione di una serata alla Scala in onore del generale De Gaulle: Vianello aveva soltanto detto al compagno, che cadeva platealmente per terra: «Ma chi ti credi di essere?». |
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"Un, due, tre" è certamente la migliore rivista televisiva italiana degli anni Cinquanta, vivacissima, piena di impertinenze persino (passavano certe battute satiriche anche politiche che suscitavano scandalo o autocensure altrove), con il talento dei due comici squadernato senza ritegno, al vivo, trascinante anche nelle volgarità. Una volta c'era un filo conduttore, fragile ma divertente, la settimana dopo, il filo conduttore veniva abbandonato, e Tognazzi per farsi perdonare raccontava qualche barzelletta in più. Le attrazioni a volte erano nomi notevoli, a volte oscure scartine [...] ma quel che contava, e che è rimasto nel ricordo, è la coppia Tognazzi-Vianello, che, come Caesar e Coca, si lasciavano andare con una genuinità totale, derivata dalla precedente e contemporanea attività sulle tavole del palcoscenico minore, all'epicità senza freni del contatto diretto con il pubblico, a travestimenti oltraggiosi, a parodie di film e spettacoli televisivi di successo come non si è mai più fatto, a caldo, fuori da ogni cautela alla Noschese. |
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Con "Un, due, tre" il pubblico televisivo vive una stagione esaltante di suspense, come nemmeno gli aficionados di Giallo Club. Ogni settimana ci si domanda se i nostri eroi saranno sabato sera ancora al loro posto o se invece il loro variare, improvvisare e infiorare i copioni tarati in prova generale, non li farà cacciar fuori. Come puntualmente accade, così com'era successo al Mattatore di Gassman e come succederà alla Canzonissima di Fo. |
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Il titolo, denotativo, tecnicistico, autoreferenziale (rimanda, infatti, alle tre telecamere presenti in studio e ai tre numeri che compongono lo spettacolo), è ricercatamente banale per poter ruotare con libertà attorno a un unico oggetto: il televisore. |
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"Un, due, tre" non è ancora quella pratica di appropriazione del linguaggio delle telecamere che il titolo della trasmissione sembra annunciare. Però la regia di Vito Molinari è semplice e funzionale: scenografie a cubo, illuminazione piatta, macchina frontale, piani di tipo eminentemente cinematografico. |
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"Un, due, tre" ha segnato il passaggio dal teatro di rivista alla rivista televisiva, dal disordine polveroso del palcoscenico all'ordine garantito dal palinsesto. La forma di questo trapasso si chiama sketch: un impianto comico che consente la rapina (battute famose di film, allusioni ad avvenimenti importanti, barzellette in voga), il modello di satira di "striscio e rimbalzo" e il contrappunto ben temperato per il numero d'attrazione. |
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Se il programma è durato per ben sei anni è grazie a Tognazzi e Vianello, i quali hanno dimostrato se non altro di portare sul video delle idee e di sfruttare intelligentemente un filone inesauribile: la satira dei programmi televisivi e dei personaggi più popolari della TV, che la censura televisiva si guarda però bene dal tagliare, lasciando liberi gli attori di martellare con le loro satire i suoi programmi, le sue inchieste, i suoi personaggi. |
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