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Poi ci chiamò la radio, e facevamo lo spettacolo girando con la compagnia. Di tutto il gruppo, Tognazzi la stagione successiva confermò solo me, capendo che non ero una spalla, perché prendevo le risate anch'io, perché avevo una mia autonomia di attore... in questo, al contrario di altri capocomici gelosi della loro assoluta supremazia, mostrò intuito e generosità, fu moderno e intelligente. Poi, nel '54, lui fu chiamato a presentare "Un, due, tre", che allora era un programma di varietà con attrazioni internazionali, presentato da Carotenuto e poi da Billi e Riva. Nei primi numeri bastava un presentatore per dire: «Da Parigi ecco a voi...!». Quando chiamarono Ugo lui disse: «Mah, la televisione non è la radio, che faccio io da solo? Lo faccio se viene anche lui». E così questo gruppo di amici, che lavorava insieme ormai da tre anni nella rivista (le due coppie Tognazzi & Vianello e Scarnicci & Tarabusi), si mise a fare televisione. |
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Si lavorava solo d'estate, d'inverno avevamo la compagnia. In ogni ora, ora e dieci di trasmissione, facevamo cinque o sei scenette. Eravamo sempre in scena, perché si era rovesciato lo schema precedente: la gente aspettava i nostri sketch comici, non il numero di varietà che teoricamente avremmo dovuto presentare: il numero, l'attrazione ci permetteva di cambiarci (perché naturalmente tutto era in diretta: l'ampex non esisteva). Perciò alla prima trasmissione ci dicemmo: «Che si fa?». Be', pensammo, non è mica così facile, non basta più presentare. E qui ci fu un'altra coincidenza: che nel '54 si disputavano in Svizzera i campionati del mondo di calcio, che venivano trasmessi alla televisione. Io me l'ero comprato subito, quel televisore allora così raro e costoso, proprio per vedere il campionato del mondo; Ugo, invece, che aveva una base meno stabile, e in quell'estate era sempre in viaggio per lavoro, ancora no. Naturale che con Scarnicci e Tarabusi, oltre alle partite, si guardasse che cosa trasmetteva questo nuovo mezzo per il quale avremmo dovuto lavorare. Fu insomma così che i nostri autori trovarono la formula della trasmissione: la parodia degli spettacoli televisivi. |
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Come dicevo, Ugo non aveva ancora il televisore; e quando ne discutemmo, lui prese il vagone letto da Sorrento dov'era a girare, io salii da Roma, e in viaggio gli raccontai i programmi televisivi che avevo visto. Così, interpretando i copioni sulla base dei miei racconti, Ugo e io preparavamo le parodie degli spettacoli televisivi: per esempio, ricordo che c'erano i "No giapponesi", una delle scenette che poi ebbe più successo. Io gli dicevo: «Guarda, sono così e così, devi stare con la gamba alzata come una gru, lanciare queste urla gutturali, poi restare immobile, incollato per terra...» e Ugo ricavava delle parodie indimenticabili da spettacoli che non aveva mai visto. |
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La trasmissione ebbe un grande successo, al punto che i protagonisti eravamo noi e non più i numeri d'attrazione internazionale, che pure erano di alta qualità: ad esempio, venne il grandissimo clown Grock, che era noto in tutto il mondo, ma evidentemente fra il personale della televisione italiana no, perché nessuno se lo filava. Io gli dicevo: «Ma guardate che questo è un dio, nel suo mestiere», ma non se lo filava nessuno. Abbiamo cominciato al teatro del Parco, e poi ci siamo spostati alla fiera, un teatro da settecento persone (pubblico vero, non di comparse semiprofessioniste come adesso). Ricordo che feci un'entrata dal fondo addirittura dentro la vasca da bagno (piena d'acqua fresca, eh?, perché faceva un caldo torrido) e che Ugo s'ingelosiva perché l'idea della vasca, avendola avuta prima io, lui non la poteva più utilizzare. |
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Finalmente Ugo prese un appartamento a Milano. Ai primi tempi di "Un, due, tre" non aveva una casa, non aveva una base in città; insomma, comprò questo appartamento a Lambrate. Io ero suo ospite quando facevamo "Un, due, tre" che andava in onda da Milano. |
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Ci fu una volta che Ugo si fece dare il bambino da Pat O'Hara e lo tenne per un po' in questo appartamento. Il bimbo, che era piccolissimo, piangeva, e Ugo subito si mise a bestemmiare come un pazzo, e diceva: «Ma come, sono tuo padre, ti prendo con me, e tu piangi?...». Il bambino era piccolo, noi di bambini non capivamo niente, lui se la pigliava in maniera enorme... una comica. E poi nacque anche uno scherzo. Una volta, non so perché, dissi a Ricky piccolissimo: «Sai chi è il tuo papà? Il tuo papà è Ugo Tognazzi». E lui scoppiò a piangere. Quando lui se lo portava mentre giravamo un film, io radunavo la troupe e dicevo a Ricky: «Sai chi è il tuo papà? Ugo Tognazzi» e lui giù a piangere. Chissà, forse io gli facevo la faccia seria, gli accentuavo gli occhi: ma Ricky piangeva ogni volta. Ugo se la prendeva sempre: «Ma perché piange, questo? Perché?». |
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UGO TOGNAZZI E RAIMONDO VIANELLO IN TV |
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