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Nel 1974 ho interpretato con Tognazzi uno dei miei primi film di rilievo, "Romanzo popolare" di Mario Monicelli, e sul set, oltre a dimostrare ancora una volta di essere il grande attore che era, Ugo fu molto disponibile ed attento verso me ed Ornella Muti, che eravamo ancora giovanissimi e poco esperti. Non era solo un grande professionista, ma aveva anche una grande gioia di vivere, non era rigidamente attaccato al suo mestiere ma, a differenza di tanti altri colleghi, che si rinchiudono in se stessi, era straordinariamente generoso con chi gli lavorava accanto, riusciva a farti sentire sempre alla pari rispetto a lui. Monicelli pensava che fosse un fuoriclasse, ma Ugo a sua volta teneva in grande considerazione tutti noi, dandoci anche inconsapevolmente la carica per la buona riuscita del film. "Romanzo popolare" è considerato forse l'ultima grande commedia all'italiana, insegnandoci piccoli segreti di recitazione che consistevano soprattutto nella capacità di mettersi a proprio agio per arrivare al miglior risultato possibile. Riusciva a creare sempre l'atmosfera giusta, insomma, e se c'era qualche durezza creativa da parte di Monicelli, che voleva spronare noi giovani, lui riusciva sempre a smussare certe asprezze. Mario, ad esempio, sul set gli chiedeva di essere realmente innamorato di Ornella Muti e così si creava lo spazio per un tipo di commedia che faceva pensare pi
a Cechov che ai film pi
beceri diventati di moda all'epoca e successivamente. Riguardo alle sue capacità attoriali, era importante la sua attitudine ad essere normale e discreto nella comicità: la chiave che lo contraddistingueva secondo me è quella drammatica che faceva da sottofondo all'ironia. Non credo che oggi esistano colleghi che gli possano essere paragonati, in genere oggi i comici sono attori di battuta pronti ad ogni grossolanità, lui aveva invece una sua malinconica poesia: ogni suo personaggio era sempre pi
complesso rispetto alle apparenze, era come se fosse candidato sempre in qualche modo a soffrire artisticamente. Ho avuto la grande fortuna di lavorare accanto a un grande maestro e di poterlo fare senza ansie e con grande relax: sul set di Romanzo popolare eravamo compagni di vita più
che di lavoro e quindi nacque subito un rapporto alla pari, con inviti a cena, a dopocena, a week-end da trascorrere insieme. Negli anni successivi continuò da parte sua un rapporto di stima e di amicizia nei miei confronti e mi aprì le porte della sua casa di Torvajanica, che era un vero e proprio cenacolo dove lui cucinava per i suoi tanti ospiti dimostrandosi sempre un perfetto anfitrione. Lì cinema e vita si mescolavano grazie alla presenza di registi, attori, scrittori ed intellettuali come Ferreri e Monicelli e questo era un bel punto a suo favore: la sua gioia di stare insieme permetteva molti scambi di idee che forse oggi non sono pi
tanto frequenti. Forse continuava ad organizzare tante riunioni collettive per vincere l'angoscia della solitudine e perché pensava alla vita come a qualcosa di malinconico: col passare degli anni diventava più
maturo come uomo e come attore ma verso la fine della sua vita era amareggiato, non era più
quello di una volta. Io lo ricordo come uno splendido compagno di viaggio e non solo per quelli della sua generazione... |
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