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La cosa che mi ha sempre colpito di Ugo Tognazzi era la sua assoluta spericolatezza nell'accettare ruoli particolari, che non tutti avrebbero accettato. Mi riferisco naturalmente ai titoli di Ferreri, "La grande abbuffata", "La donna scimmia". Ma anche ai due film che ho scritto per lui, "Splendori e miserie di Madame Royale" e "Il petomane". Il primo, per la regia di Vittorio Caprioli, era la storia di un omosessuale, con ampie parti en travesti, quando il travestitismo non era di moda. Quanto a "Il petomane", si capisce facilmente cosa intendo con ruoli spericolati. De Laurentiis credeva fortemente nel divertimento del tema. Io non ero d'accordo e in effetti il film non andò bene. Ma Tognazzi non ebbe nessun problema a farlo e fu, come al solito, molto bravo. Forse solo Sordi, il primo Sordi, faceva personaggi altrettanto controcorrente. Di Ugo Tognazzi uomo ricordo con rimpianto un bellissimo, lungo periodo di cene che chiamavamo "i convegni dei 12 apostoli". Era tutta gente di cinema, c'erano Benvenuti, De Bernardi, Age e Scarpelli, Tinto Brass, Bernardino Zapponi. C'era anche la moglie, una bella donna, moto elegante. E spesso ci sgambettava intorno anche il figlio Gianmarco. Ci trovavamo nella casa di Tognazzi sopra Velletri, nella campagna dei castelli romani, e mangiavamo quello che lui preparava. Poi venivano le votazioni dei piatti. Su questo Ugo era piuttosto suscettibile e non esitava ad usare lo stesso eloquio della "grande abbuffata". Se i voti erano scarsi arrivava puntuale il suo "ma andatavene a...". Era un buon cremonese e come tale anche un bon vivant. Avevamo un rapporto molto cordiale. Io, sì, l'ho sempre rimpianto. |
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