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DONATA TARABUSI
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Fra le due coppie, Scarnicci & Tarabusi e Tognazzi & Vianello un'occhiata per capirsi. Confine tra vita e lavoro non ce n'era, a parte mio padre che era molto legato alla famiglia, e molto presente; ma per gli altri, la famiglia vera erano gli amici, gli amici coi quali si giocava quel gioco meraviglioso che era anche un lavoro. Io mi ricordo delle gran risate; mica sembrava che lavorassero. Però, dalle lunghe chiacchierate di sport, poi uscivano i personaggi del pugile suonato, di "Gregorio il gregario" eccetera. |
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Papà e zio Giulio lavoravano a casa nostra. Questo faceva sì che in casa capitassero di continuo i loro collaboratori, persone che per me bambina erano solo amici di papà, ma che si chiamavano Macario, Walter Chiari, Nino Taranto e, naturalmente, Ugo Tognazzi, Raimondo Vianello... Dietro quella porta si sentiva di tutto. Dalle risate più
pazze che si facevano loro due alle urla di epiche litigate... erano molto buffi, perché facevano degli orari proprio impiegatizi: Scarnicci arrivava verso le nove; papà, che si alzava presto, era già andato a prendere i giornali. C'era una ritualità precisa: prima, lettura dei giornali d'opinione e della "Gazzetta dello sport". Poi c'era una specie di riunione: «Che si fa oggi?». Poi, silenzio per un'ora, un'ora e mezzo. Dopo di che, immancabile, la litigata furibonda sul significato di una parola: sul significato di "trafugare", per esempio, riuscirono a litigare per un'ora e un quarto. Erano litigate assai singolari, perché le uniche urla che si sentivano erano quelle di Scarnicci, di temperamento caldissimo, irascibile, mentre mio padre, che era il tipo inglese, restava freddo freddo, rispondendo solo con qualche battuta e prendendolo in giro, con il risultato di farlo uscir di senno ancora di più. Arrivati al picco estremo della litigata, si ritornava immediatamente alla normalità più
completa e cordiale. Queste litigate, che avvenivano quasi giornalmente, e lasciavano esterrefatte le mie compagne di scuola quando venivano a studiare a casa mia mai avrebbero immaginato che due scrittori lavorassero così, erano quasi sempre impuntature sul significato di una parola, perché zio Giulio era un purista che si piccava dell'esattezza e della purezza del linguaggio, mentre papà in questo era meno esigente: badava che le battute facessero ridere. |
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