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CINEMA
  - I REGISTI E UGO / Ettore Scola
 
     
 
     
 
Ettore Scola  

Conversazione con
ETTORE SCOLA

 
 
     
  Prima di dirigere Tognazzi nei miei film ne avevo sceneggiati diversi altri, che lui aveva interpretato diretto da altri registi, come "Guardatele ma non toccatele" di Mattioli, "La marcia su Roma" di Risi, "Il magnifico cornuto" e "Io la conoscevo bene" di Pietrangeli. La sua evoluzione artistica somiglia a quella dell'Italia che cambiava, conoscevo bene i suoi esordi con l'avanspettacolo e poi la rivista, la commedia musicale, le farse al cinema ed in tv che lo rivelarono come un comico anticipatore di un umorismo fuori dai canoni abituali: ricordo che una volta, dopo una celebre caduta del presidente della Repubblica tronchi, Ugo fece scalpore perché iniziò uno sketch in televisione cadendo rovinosamente da una sedia. Nella prima parte della sua carriera poteva dare l'impressione di privilegiare dei modi farseschi e qualunquisti, ma molto presto Tognazzi fu capace di affinarsi grazie a se stesso, ai film che gli proponevano e grazie all'Italia che andava avanti, fino a che diventò un attore intenso, esigente ed estremamente creativo. Nel 1969 l'ho diretto ne "Il commissario Pepe" dove diede vita (anticipando una lunga schiera di epigoni) alla prima figura di commissario dolente e malinconico del nostro cinema, fino ad allora monopolizzato da tanti brigadieri e marescialli simpatici e cordiali. Il suo personaggio era quello di un uomo sottile, dubbioso, preoccupato di essere ingiusto, il quale, dopo avere indagato sui vizi privati dell'ipocrita provincia veneta, si vedeva bloccare l'inchiesta e si dimetteva dichiarandosi sconfitto. Con lui ho girato anche, alla fine degli anni Settanta, "La terrazza" (dove era un produttore cinematografico piuttosto ignorante e becero che avrebbe preferito occuparsi di farse ma che, per amore di una moglie velleitaria, si induceva a finanziare film pseudo-intellettuali) e poi ancora in alcuni episodi di "Signore e signori buonanotte" e di "I nuovi mostri", dove anche se attraverso piccoli ritratti e bozzetti rivelava una precisione ed un rigore esemplari. Ugo aveva il dono raro di sapere sempre se un certo personaggio avrebbe fatto o meno certi gesti o certe espressioni, aveva un suo bel codice istintivo: lo aveva dimostrato splendidamente ad esempio nel bel personaggio del guitto che rischia l'infarto pur di compiacere un cinico e beffardo attore "arrivato", in lo la conoscevo bene, una commedia di costume che io avevo soltanto scritto e che era stata diretta da Antonio Pietrangeli nel 1965. La sua principale qualità di attore era secondo me la curiosità: l'ignorante è tale perché non è curioso e Ugo a suo modo era molto colto, aveva sempre voglia di arricchire le sue conoscenze e la sua esperienza. Con lui il clima era sempre piacevole grazie alla sua costante curiosità verso qualcosa che non conosceva bene: ad esempio nei primi tempi non si occupava troppo di politica e di vita sociale, ma anche su questi argomenti in seguito si è evoluto moltissimo. Lo frequentavo volentieri anche fuori dal lavoro, ricordo che gli piaceva moltissimo invitare a cena gli amici ed inventare ogni volta in loro onore un piatto tipico regionale a seconda della provenienza geografica di ognuno.  
     
  [fonte: tratto dal libro "L'ALTERUGO"].  
 
     
   
   
 
 
 
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