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Io la conoscevo bene |
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INTERPRETI E PERSONAGGI: |
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Stefania Sandrelli (Adriana Astarelli), Nino Manfredi (il pubblicitario Cianfanna), Ugo Tognazzi (l'ex attore Baggini), Robert Hoffmann (Giacomo, il figlio di papà), Jean Claude Brialy (Dario, l'imbroglione), Joachim Fuchsberger (Fausto, lo scrittore), Mario Adorf (Emilio detto "Bietolone", facchino e pugile), Franco Fabrizi (il "press agent" Morganelli), Karin Dor (un'amica di Adriana), Véronique Vendell (Elise Stendhal, la stellina), Enrico Maria Salerno (l'attore Roberto), Turi Ferro (il commissario), Franco Nero (il meccanico), Franca Polesello. |
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CAST TECNICO |
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Soggetto, sceneggiatura: Ruggero Maccari, Ettore Scola, Antonio Pietrangeli - Fotografia (Panoramico): Armando Nannuzzi - Scenografia e costumi: Maurizio Chiari - Musica: Piero Piccioni [canzone "Toi" di Gilbert Becaudi] - Montaggio: Franco Fraticelli - Produzione: Turi Vasile per Ultra Film (Roma)/Les Films du Siècle (Pangi)/Roxy Film (Monaco di Baviena) - Distribuzione: Medusa Cinematografica - Origine: Italia/Francia/Repubblica Federale Tedesca. - Titoli di comproduzione: "Je la connaissais bien" ovvero "L'amour tel qu'il est"/"Ich habe sie gut gekannt". |
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TRAMA |
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Adriana, una ragazza ancora acerba e impulsiva, lascia la povera famiglia contadina del pistoiese per stabilirsi a Roma in cerca di fortuna. Per campare prova vari mestieri (prima fa la domestica, poi la parrucchiera, la maschera in un cinema e la cassiera in un bowling), ma è ingenua e spensierata. Approfittano facilmente di lei van uomini che incontra casualmente: tra questi Dario, un giovanotto squinternato e fannullone, e Cianfanna, un ambiguo agente di pubblicità che la incanta facendole intravvedere ii miraggio del cinema. Provandosi a fare la modella e l'indossatrice, va a fare una sfilata in provincia, dove simpatizza con un facchino che per pochi soldi va a farsi pestare in squallidi incontri di pugilato. Raggiunto un certo benessere (mentre la sua famiglia, al paese, è ancora oppressa dalla miseria), frequenta una specie di corso di recitazione e ottiene una particina in un dozzinale film mitologico: al suo fianco si alternano uno scrittore inaridito, che prova a schizzare in pochi appunti un suo ritratto, e un figlio di papà, di cui si innamora ma che aiuta egualmente a corteggiare un'altra ragazza. Passa poi attraverso esperienze più traumatizzanti: per debolezza interrompe a malincuore una gravidanza appena iniziata, e viene beffata in un maligno servizio cinematografico dedicatole da un cine giornale. Il suo candore, la sua indifferenza quasi per la vita, sembrano preservarla da delusioni troppo forti e amare: un ballo in un locale pubblico, una canzone da un juke box sembrano ripagarla del vuoto che a poco a poco avverte intorno a sé. Ma un mattino, al ritorno da un'ennesima festa sfrenata, al ritmo di una canzone alla moda, si spoglia e si getta dalla finestra della propria stanza. Impegnato in questo periodo in una serie di film per lo pià svagati, in cui facilmente riemerge la sua vena macchiettistica e farsesca, Tognazzi trova in questo ruolo minore riservatogli da Pietrangeli l'occasione per schizzare un carattere che lascia ii segno, di cui molti critici si accorgono. Per Io la conoscevo bene, Tognazzi ottiene infatti per la seconda volta il premio "Nastro d'argento" del Sindacato giornalisti cinematografici quale miglior attore non protagonista. Non sembra quindi giustificata l'amarezza con cui anni dopo, nel 1971, Tognazzi dichiarava, a proposito di questo film: «Credo che sia la mia caratterizzazione pià riuscita, più autenticamente drammatica. Ma è passata quasi inosservata». (da Radiocorriere, Torino, 20/26 giugno 1971). |
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LA CRITICA |
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«[...] Diversi frammenti di "Io la conoscevo bene" sono di prim'ordine: Ia festa organizzata da Fabrizi, durante la quale un feroce Salerno sbeffeggia Tognazzi guitto e abbietto di servilismo e di goffaggine; il ballo breve della protagonista semisvestita con il figlio appena adolescente della portinaia; la scuola di dizione [...]. [Il film] ha il difetto di poggiare su una Sandrelli incapace di reggerlo compiutamente. Ma [...] vanta guizzi splendidi nei comprimari. A cominciar da Tognazzi [...] il quale disegna appunto una figura di guitto da avanspettacolo che rimane fra le sue cose migliori».
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«se è certo che Pietrangeli [...] ha voluto riguadagnare, sia pure tardivamente, i margini di un discorso che gli appartiene, è altrettanto certo che egli non è riuscito ad arrivare molto lontano [...]».
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«[...] I vari personaggi-coro, rispetto a quello della protagonista, assumono volta a volta una loro significativa forza critica e spettacolare: ad esempio, quello assai preciso e definito di Baggini, il vecchio attore d'avanspettacolo la cui figura Ugo Tognazzi rende con straordinaria maestria, nel quadro di una amarezza struggente e radicata. [...]».
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«[...] Ii risultato spettacolare c'è sicuramente: un pulsare di quadri brillanti, variopinti, strani. Manfredi nei panni di scroccone elegante ma non troppo e Tognazzi di guitto sul declino scrivono alcune tra le migliori pagine della loro carriera. [...]».
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FOTOGALLERY |
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