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Mio padre, che chissà perché si chiamava Gildo, esercitava una professione piuttosto "ingrata", secondo me. Andava in casa di gente sconosciuta e parlava loro, con assoluta certezza, del fatto che un giorno o l'altro sarebbero dovuti morire. Naturalmente lo faceva per il loro bene, perché era assicuratore, ma io, bambino, avevo una grande soggezione per questo padre che ricordo serio, autorevole e che convinceva la gente a pensare a cose tristi. Ero certo che non sarei mai stato capace di fare una cosa tanto difficile, è per questo forse che inconsapevolmente ho sempre fatto ridere la gente! Mia madre era (è morta nel '47) la classica moglie all'italiana o, meglio, come la vorrebbero gli italiani: dolce, sottomessa, casalinga per vocazione, piena di dedizione e rispetto per mio padre che, a sua volta, le dava il senso di sicurezza e di protezione. Ecco, i rapporti tra mio padre e mia madre erano di stampo ottocentesco. Con me e mia sorella Ines, di due anni più piccola, si comportavano allo stesso modo: con autorevolezza mio padre (che soggezione avevo di lui!) e con dolcezza mia madre. |
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Sono due. Il primo si riferisce al fatto che ci spostavamo a causa del lavoro di mio padre, continuamente da una città all'altra. Io sono nato a Cremona, ma, da piccolo, e fino all'età di diciassette anni, ho abitato a Bergamo, Brescia, Padova, Venezia, quasi tutte le città della Lombardia e del Veneto. Per me era piacevole questo far le valigie in continuazione. L'altro episodio è stato invece sgradevolissimo. Avevo sette anni, studiavo in un istituto religioso a Cremona, e un giorno, giocando con altri ragazzini in cortile, mi capitò... come direbbe il professor Antonini con il linguaggio psicanalitico?... Be', io lo dico con il linguaggio delle nostre mamme: insomma feci la popò nei calzoncini. Un custode mi costinse allora a cambiarmi, mettermi un altro grembiule, fare con le mie mani un pacchetto dei calzoncini sporchi e portarlo a casa per farlo lavare. Mi vergognai moltissimo di tutta la faccenda, ma poi, chissà perché, usai questa mia "predisposizione" come arma di ricatto. Ricordo che a scuola (sempre a sette, otto anni) una volta chiesi alla mia maestra di uscire dall'aula, e lei, credendo che lo chiedessi per non voler assistere alle lezioni, mi negò il permesso. Allora, con determinazione questa volta, mi comportai nell'aula come mi era successo involontariamente durante la partita di pallone, in collegio... |
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Da piccolo ricordo la sua dolcezza, e, a mano a mano che crescevo, la sua ansia di vedermi "sistemato" con un diploma e un posto fisso, cosa che non ho mai avuto nella vita e alla quale non ho mai aspirato. Poi ricordo la sua felicità, quando venne ad assistere al mio debutto (avevo ventidue anni) come comico di avanspettacolo in un teatrino di Cremona. Ebbe un modo assai bizzarro di dimostrarmi quanto fosse contenta: infatti, seduta nel primo palco, e quindi visibilissima da parte di tutti, gli altri spettatori che la guardavano costernati, piangeva a calde lacrime, singhiozzando forte a ogni mia battuta. Per un comico esordiente non era certo... un bell'incoraggiamento, e così pregai mia madre di non venire più a piangere di felicità in faccia agli spettatori che avevano la bontà di ridere. |
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Un collega di mio padre, Domenico Vallotto, che parlava "venesian" e noi in famiglia lo chiamavamo zio. Lui è stato anche il mio padrino di battesimo e ricordo che un intero anno abitai con lui a Milano per finire la seconda media nella stessa scuola, dato che mio padre, come al solito, era stato trasferito. Fu lui a inculcarmi la passione per il calcio e il tifo incondizionato per la "mia" squadra, il Milan. Era uno stranissimo tipo, questo "zio", il suo tifo per il Milan non era una malattia, ma addirittura un morbo. Aveva la casa color del Milan, divani tappezzati di rosso, moquette a strisce rosse e nere, mobili laccati di fuoco, inutile dire che mi regalava magliette con i famosi colori e che per tutto l'anno l'unico mio giocattolo fu un pallone. Comunque "zio" Domenico è riuscito nell'intento e, nei giorni dei campionati mondiali di calcio, non c'è stato verso di smuovermi dalle vicinanze di un televisore. |
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Troppi tipi! |
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La prima cosa che guardo in una donna |
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La faccia. Però, poi, "carrello" velocemente con l'occhio verso... i talloni. |
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Sulla parola "amore" ho delle perplessità. Potrei invece parlare della prima ragazza che ha colpito la mia fantasia sentimentale. Era la nipote del parroco di un paesetto del Veneto dove eravamo andati un anno in villeggiatura. Per poterla vedere, dato che stava sempre in casa, mi inventai una grande vocazione religiosa e andavo continuamente a trovare suo zio che mi prese in simpatia. Così passavamo interi pomeriggi nella sala da pranzo di questo zio prete, con un vecchio orologio a pendolo che scandiva i quarti sgangheratamente e tante immagini di santi sulle pareti, io, lei e lo zio a giocare a tombola, seduti intomo al tavolo. Mettevamo lo zio prete a capotavola, così stava un pò lontano, e gli facevamo tenere il banco e pescare i numeri mentre io e lei con una mano collocavamo stancamente i fagioli secchi sulle nostre cartelle e con l'altra ci stringevamo le dita sotto il tavolo per ore e ore. |
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Questo "amore" è finito quando lo zio prete, una volta che gli cadde a terra un tondino numerato, si chinò bruscamente sotto il tavolo. Io avevo dodici anni e lei pure. Doveva essere un "grande amore" perché io odio giocare a tombola! |
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Tanti posti, specialmente dal punto di vista geografico. Pat, la mamma inglese di Ricky, vive un pò a Milano e un pò in Inghilterra, e Margarete Robsahm, la mamma norvegese dell'altro mio figlio Thomas (di due anni) vive a Oslo con il bambino. In più, diciamo così, ho veramente alcuni posti (limitatamente all'Europa... per ora) in cui posso tranquillamente andare ogni momento sicuro di trovare una buona accoglienza femminile. Il fatto è questo, che io ho sempre tenuto a mantenere buoni rapporti con tutte le donne alle quali ho voluto bene e debbo candidamente confessare che sono state sempre loro a lasciarmi dopo qualche anno di convivenza. Io non le avrei lasciate, probabilmente. |
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Comunque, se devo andare proprio a scavare in fondo a me stesso, devo ammettere che il mio obiettivo base nella vita è proprio la donna. Vorrei tanto che questo articolo la diventasse una e, in realtà, forse, io faccio tanti esperimenti con donne sempre diverse proprio per trovame una, la mia. In fondo questa mia ricerca continua di compagne può proprio dimostrare che per me la cosa più interessante nella vita è trovare la... pardon... una donna! |
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Sognavo molto da ragazzo. Ora meno, o almeno non riesco a ricordare quello che ho sognato. Da ragazzo avevo due sogni ricorrenti: il primo è raccapricciante. Sognavo di discendere a gran velocità da una lunga scala stando a cavalcioni (come fanno i bambini) della ringhiera. Solamente che questa ringhiera non era di legno, ma costituita da una grande lama taglientissima. Però io non mi ferivo e non sanguinavo, ma per tutta la durata del sogno avevo paura che questo avvenisse. Un altro sogno è certamente più piacevole e, qualche volta, mi capita di farlo ancora: io cammino, in alto, volando, a grandi falcate sopra la testa di tanta gente, la gente mi guarda e io cammino più in alto di loro. |
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Ero con Frank Sinatra (che non conosco personalmente) e camminavamo assieme per una strada di Broadway o non so dove. Io sentivo di far parte del suo "clan", di essere da lui stimato e protetto. Infatti, a un certo punto, qualcuno mi aggrediva, ma immediatamente intervenivano le guardie del corpo di Sinatra, i famosi "gorilla" e mettevano ko il mio aggressore. |
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In quale epoca vorrei vivere |
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In questa perché ho una possibilità di scelta. Posso vivere all'antica quando mi ritiro nella mia casetta di campagna a Velletri e passo le giornate cucinando e raccogliendo i prodotti dell'orto, ignorando cose come il cinema e l'automazione, ma posso anche prendere il jet, se questo è necessario. |
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Cosa mi disturba della società di oggi |
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In fondo mi disturba proprio ciò di cui io stesso faccio largo uso: cioè la corsa al successo, la mania del benessere assoluto, la civiltà dei consumi, insomma. Anch'io qualche volta mi lascio prendere dalla psicosi del compratore e compro moltissime cose che poi non mi servono a niente e che, magari a casa mia, non funzionano neanche. Non so se questo è un destino mio personale, ma ultimamente ho avuto la ventura di comprare per la mia auto le uniche due gomme scoppiate su quattro milioni di gomme identiche. C'era scritto sul depliant: "Di queste gomme speciali ne scoppiano solo due su quattro milioni". Be', quelle due le ho comprate io e sono scoppiate in sincrono dopo una settimana mentre andavo da Milano a Torino, neanche fossi stato sulla pista di Indianapolis! Inoltre (altro acquisto fatto in America da poco) io credo di essere l'unico possessore di una macchina che fa il ghiaccio che si deteriora. E' noto come il ghiaccio serva per conservare le cose, be', il ghiaccio prodotto da questa mia macchinetta dopo un po' si deteriora e sa di gomma. |
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Differenza tra uomo e personaggio |
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Esiste una differenza solo fra l'idea che la gente si è fatta di me leggendo quello che i giornalisti scrivono sui giornali e me stesso; ma la colpa non è da imputarsi a una mia doppia personalità, ma alla doppia personalità di certi giornalisti che sentono una cosa e ne scrivono un'altra. |
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Rimpianti? Sì, di un piatto di spaghetti che ho avanzato. Dovevo mangiarli tutti. |
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Ma perché sono già sposato. In Svizzera. Perché sono affari miei. Perché non voglio avere due figli legittimi e gli altri no. Perché non credo che due persone che non si amano stanno insieme solamente perché hanno firmato un pezzo di carta, perché io e Franca viviamo benissimo così. Perché ci amiamo così da cinque anni e vogliamo amarci così. Perché ogni giomo corro il rischio che, chiamandosi i miei due ultimi figli Bettoja, lei potrebbe anche portarmeli via. E il rischio mi piace. Mi stimola, mi tiene vivi i sentimenti. |
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Per mancanza di materia prima. Cioè, per mancanza di vere mogli. Dove le trova più al giorno d'oggi? |
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Che cos'è una vera moglie |
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Una donna modernissima, intellettualmente molto evoluta, pratica e disinvolta, la quale tuttavia sia disposta ad annullare certe sue ambizioni personali per dedicarsi alla famiglia nel più rigoroso rispetto delle tradizioni. Per me, una donna che abbia perduto l'amore per la casa è una donna incompleta: mi va benissimo come amica, ma non deve mettersi in testa di fare la moglie. |
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Fondamentalmente sono sincero. Le molte bugie che dico mi servono per difendere alcune verità importanti. |
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Io non ne parlerei, le amerei e basta. |
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Il successo non è il denaro, la fama, le donne. Per me il successo è esprimere quel che io sono nel lavoro e in ogni altro campo. E siccome non sono mai tenero con me stesso, il successo è l'andare oltre le mie aspettative. |
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Certo, sono un esibizionista. È un piacere dell'esibizionismo mostrarsi con una bella donna al fianco, è da esibizionisti preparare per ore dei succulenti manicaretti perché gli altri li apprezzino (quando sono solo mi lascio morire di fame), ed è sempre esibizionismo inorgoglirsi perché, passando per la strada, ti chiamano semplicemente "Ugo". |
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Io non faccio che strasudarmeli, i miei soldi. È bello averli, comunque. Proprio per le cose che ti puoi comprare, che puoi regalare. Ma è anche brutto per il mondo che di colpo ti circonda. Il denaro è come m... posso dire? Intorno non ci sono che mosche. |
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Tutti quelli che invidiano me. Perché hanno desideri e speranze, perché tendono verso una particolare situazione che credono felice. |
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La bimutanda. Si tratta di normali calzoncini molto corti con dentro inseriti dei leggerissimi slip. Anche questa è una mia invenzione. |
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Io non mi chiamo Ugo, ma Ottavio. Ho ripudiato il mio vero nome quando frequentavo la scuola elementare. Ogni volta che il maestro faceva l'appello e chiamava Tognazzi Ottavio, i miei compagni abbozzavano dei risolini e si davano gomitate. Trovavano che Ottavio, chi sa perché, era un nome da femminuccia, e la mia dignità non poteva tollerarlo. |
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Chi sono io? Sono un povero che mantiene una famiglia di ricchi. |
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