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TOGNAZZI: Chi trovandosi a Parigi in quella gelida alba il 3 gennaio 1955 si fosse avventurato nella buia e fangosa rue de Saint Antoine, ancora completamente deserta e silenziosa, avrebbe potuto ascoltare i lugubri rintocchi della torre del tempio battere le quattro. (si odono colpi di campanone notturno)... Ma avrebbe avuto nello stesso tempo anche una solenne fregatura in quanto l'azione del nostro teleromanzo si svolge da tutt'altra parte e in epoca completamente diversa da quella suddetta. Bisogna scendere infatti al 1265, anno di nascita del poeta fiorentino Alighieri Dante, che ebbe in quell'epoca un quarto d'ora di notorietà, per trovarsi esattamente a 390 anni di distanza dal nostro cammino narrativo; ma siccome 1265 più 390 fa 1655 ci ritroviamo proprio in quella gelida alba del 3 gennaio durante la quale nulla era avvenuto. Come fare? Fortunatamente ecco che la cupa figura di un uomo, quasi un vendicatore, avanza nascondendo il volto in un tabarro color tabacco. Vogliamo chiedere a lui l'epoca dell'inizio del nostro teleromanzo? Nemmeno per sogno! Infatti dato che avanza niente di più facile che ci richieda i denari che ci ha prestato.. Sarà meglio perciò fissare noi stessi in quella gelida alba del 1655 l'inizio del nostro racconto e non parlarne più. Nella sala del trono di re Argante un uomo è penetrato sfidando la morte. Il suo nome è Connor O Connor. Ma egli non è un nobile irlandese, ma il cavalier Connor, sordo. Appunto per questa sua sordità, quando lo si chiama occorre ripetere sempre: «Connor! Oh, Connor!». Da ciò l'equivoco sulla sua origine irlandese. Nessuno tuttavia lo chiamava per nome: egli era semplicemente il Vindice, il Vindice della mano destra, cioé un uomo capace di uccidere per amore e per vendetta. La scena con la quale ha inizio il nostro teleromanzo è appunto questa in cui il Vindice chiede ragione, con feroce e drammatico sarcasmo, al re Argante della prigionia di Oliva. Il dramma ha inizio. |
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Sul trono è seduto Vianello vestito da re Argante. |
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VIANELLO: (alzandosi) Sia introdotto il Vindice! |
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TOGNAZZI: (entrando) Maestà! |
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VIANELLO: (gli tira un tremendo schiaffo e poi fa cenno di far silenzio). |
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(Il cupo dramma di un vindice che schiacciato sotto il peso della maledizione perde, a poco a poco, la propria unghia.) |
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TOGNAZZI: Crediamo far cosa gradita, per coloro che non hanno potuto assistere alla prima puntata televisiva del romanzo storico "L'odio d'Oliv"a, esporre un breve riassunto della puntata precedente. Ecco, in sintesi, i fatti accaduti. Siamo alla corte di Argante, re di Slavonia. Il Vindice della Mano Destra, setta segreta che vuole la morte di re Argante, viene schiaffeggiato pubblicamente, nella sala del trono, dal Sire di Slavonia. Perché? Il motivo è semplice; Alcantarez y Cordoba, Gran Balivo e capo della Setta della Mano Destra, ha tradito il Vindice, denunciandolo a re Argante. «No?!» voi direte meravigliati. «Sì!» vi rispondo io, «proprio così! Tradito!» «E in che modo?» Ora ve lo dico. Dunque, in quella gelida alba del 3 gennaio 1655, nella rue de Saint Antoine, un gruppo di misteriosi individui si dirige verso il maestoso palazzo che, ammantato di silenzio e di mistero, drizza la sua alta mole al numero 121". (rivolto al pubblico) «Vogliamo seguire questo gruppo?» «No!» Sta bene. Allora precediamolo e, nascosti dietro una delle gigantesche cariatidi che adornano il portale, spiamo le loro mosse. Il gruppo avanza verso la porta. Tre individui lo compongono; e mentre uno spicca sugli altri per l'erculea corporatura, gli altri due spiccano un salto. Forse a causa delle pozzanghere che costellano il terreno. La figura predominante del gruppo, avvicinatasi al pesante portale cinquecentesco, vi batte una volta le nocche e tre volte il gomito, quale segnale di riconoscimento. Contemporaneamente i due accoliti battono gli stinchi contro lo spigolo, non tanto per contribuire alla chiarezza del segno convenzionale, quanto a ragione del buio e della forte miopia di uno di essi. Dopo pochi istanti, al balcone del terzo piano compare una bianca figura, cui il livido chiarore dell'alba ormai nascente conferisce l'aspetto di un fantasma. «Chi è?» tuona la voce dall'alto. «Coraggio, perseveranza e San Dionigi il Canuto» risponde il più alto dei tre, assicurandosi che nessuno stia spiando le loro mosse. «Che Canuto d'Egitto? Fate meno gli spiritosi! Vi pare ora, questa, di svegliare la gente dabbene?» «La frase che ho detto» precisa il gigante, «è la parola di ordine a cui voi dovevate rispondere gettandoci una foglia di insalata.» «Ora vi faccio vedere io quello che vi getto, gaglioffi dannati!» vitupera la bianca figura. «Scusate, gentiluomo, non è forse qui che ha luogo la misteriosa congiura?» «Quale congiura?» interroga la voce. «Quella che passerà ai posteri col nome di Morte al tiranno dal dito mozzo.» «Siete dunque congiurati?» «Precisamente, avete indovinato!» «Allora al palazzo accanto, al n. 123.» «Grazie, mio gentiluomo» risponde a una voce il gruppo. «Buonanotte, congiurati!» E la finestra si richiude con un rumore sinistro. I tre riprendono silenziosamente il breve cammino strisciando contro i muri, anche per grattarsi un poco la schiena. La pallida luna, intanto, sembra dirigere il suo ultimo raggio sul nobile volto del capo, che forse, tra non guarì, la morte, con la sua tragica mano, avrebbe sfiorato. Con suo grave disappunto perché curava tremendamente il solletico. Da questo particolare del solletico non sarà difficile per i telespettatori riconoscere nell'erculeo personaggio il Vindice che, fremente d'odio e di vendetta, si appresta ad affrontare il traditore nel covo dei congiurati. L'inizio della seconda puntata avviene infatti nella sala della congiura dove il Gran Balivo Alcantarez y Cordoba, ignaro della selvaggia ira che anima il Vindice, lo fa introdurre alla sua presenza. Vianello, vestito da congiurato, è in piedi sul podio. |
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VIANELLO: Fate passare il Vindice! |
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TOGNAZZI: (entrando) Don Alcantarez! |
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VIANELLO: (gli tira un tremendo schiaffo e poi fa cenno di far silenzio) |
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