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Il fischio al naso |
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INTERPRETI E PERSONAGGI: |
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Ugo Tognazzi (Giuseppe Inzerna), Olga Villi (Anita, sua moglie), Alicia Brandet (Gloria, sua figlia), Franca Bettoja (Giovanna, amante di Giuseppe), Tina Louise (doft. Immer Meher), Gigi Ballista (il dott. Claretta), Marco Ferreri (il dott. Salamoia), Riccardo Garrone (il barbiere), Alessandro Quasimodo (Roberto Forges), Gildo Tognazzi (Gerolamo Inzerna, padre di Giuseppe), Cristina D'Avanzo (una teenager), Federico Valli, Cesare Gelli, Genny Folchi, Janine Reynaud, Ermelinda De Felice, Anna Maria Aveta, George Wallis, Renato Nicolai. |
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CAST TECNICO |
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Soggetto: dal racconto "Sette piani" di Dino Buzzati [compreso nelle raccolte "I sette messaggeri", Mondadori, 1942 e "La boutique del mistero", Mondadori, 19681] - Sceneggiatura: Giulio Scarnicci, Renzo Tarabusi, Alfredo Pigna, Ugo Tognazzi* - Fotografia (Panoramico, Eastmancolor): Enzo Serafin - Scenografia: Giancarlo Bartolini Salimbeni - Musica: Teo Usuelli - Montaggio: Eraldo Da Roma - Produzione: Alfonso Sansone, Enrico Chroscicki per Sancro International (Roma) - Distribuzione: Cineriz - Origine: Italia.
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TRAMA |
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L'industriale Giuseppe Inzerna, arricchitosi con un geniale sfruttamento della carta, si trova all'apice di una carriera brillante: l'unico fastidio gli è procurato da un fischio che egli involontariamente emette dal naso. Giuseppe è riluttante a seguire I consigli della moglie, che vorrebbe per lui un completo controllo sanitario. Ma un giorno, trovatosi per affari nella clinica Salus Bank, si lascia convincere a sottoporsi ad alcuni esami: invogliato anche dal trattamento di riguardo che gli riserva il personale della clinica. Il tempo passa, ed egli, alle prese con esami, radiografie e "test" di ogni genere, è sempre nella clinica, persuaso anche dall'assistenza di una bellissima dottoressa e intimidito dai medici che non lo autorizzano a tornare a casa; d'altra parte l'industriale può ricevere in clinica anche il consiglio d'amministrazione, la moglie e perfino l'amante (che viene sistemata in un appartamento contiguo). A mano a mano che gli esami procedono, rivelando sempre nuovi sintomi e nuove malattie, il malato viene trasferito dal piano terra al primo piano e poi al secondo e così via: trovando sempre appartamenti confortevoli, ma dotati di finestre progressivamente sempre più piccole. Approfittando della sua assenza, intanto, il padre di Giuseppe ha preso in mano, sconsideratamente, le redini dell'azienda; la moglie Anita se la spassa con un debitore del marito; la figlia Gloria se ne va all'estero con un amico e ritorna incinta. Ad un certo punto, al quinto piano, in onore del malato viene addirittura organizzata una festa, nel corso della quale la bella dottoressa, dopo essersi abbandonata tra le sue braccia, lo convince ad accettare il trasferimento al piano superiore, l'ultimo. Qui, col consenso dei familiari, il malato deve subire una cura di ibernazione. Al risveglio, I danni della salute di Giuseppe sono ormai evidenti: ma ormai non importa più, il personale della clinica lo prepara, al settimo piano, con tinture e lozioni, all'inevitabile, prossimo decesso. |
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LA CRITICA |
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A sei anni da "Il mantenuto", Tognazzi tenta nuovamente la strada della regia cinematografica, ispirando il soggetto a un racconto di Buzzati e partecipando personalmente al lavoro di riduzione e sceneggiatura svolto assieme alla stessa coppia, Scarnicci e Tarabusi, che aveva impostato "Il mantenuto". Questa volta all'autore le ambizioni non mancano («Con la descrizione di questa industria della malattia, ho voluto rendere la degenerazione che porta la società dei consumi anche nella scienza, cioè in quella parte della società che dovrebbe invece conservare l'uomo nella sua integrità fisica e psicologica»). Dopo aver protestato per l'esclusione del suo film dal festival di Cannes, Tognazzi riesce a portarlo a Berlino. Per "Il fischio al naso" (e per "L'immorale" di Germi) vince anche la "Grolla d'oro" di Saint Vincent per la miglior interpretazione maschile (perché, «con un progressivo affinamento, ha creato personaggi d'approfondito naso, che hanno dato prestigio ai due film»). La critica, tutta via, in maggioranza, mostra di apprezzare più il lavoro dell'attore che quello del regista. Per giustificare certi scompensi, all'epoca della lavorazione Tognazzi dichiarò: «Avrei voluto fare un film ancora più coraggioso, ma a un certo punto ho dovuto arrendermi, dando retta a una produzione che preferiva un prodotto "sicuro". [...] Il mio intento, realizzato solo in parte, era di applicare una sorta di umanismo nero a cose drammatiche, sgradevoli, vere della vita». L 'autocritica dell'autore arrivò solo fino a un certo punto; se è vero che egli, anni dopo (net 1972) affermò di ritenere "Il fischio al naso" «in senso assoluto il miglior film diretto da un attore italiano. Rivedere per scrivere. L'unico che non schiaccia l'occhio a nessuno. L'unico senza compromessi.» |
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«[...] [Dopo "Il mantenuto"], l'attore cremonese è venuto affermandosi attraverso prestazioni di progressiva, incontestabile maturità: da un lato abbandonando finalmente con un taglio netto quell'interminabile succedersi di commedie volgari, che resta forse il dato più umiliante nell'intera storia del film italiano [...], dall'altro passando via via per le mani di sempre più qualificati registi, Salce, Risi, Gregoretti, Lizzani, Zampa, Pietrangeli, e pervenendo soprattutto, nel contempo, alla solida e insostituibile collaborazione con Marco Ferreri. [...] Senza voler in nulla sminuire i meriti di Tognazzi [...] è anzitutto interessante rilevare che il nostro cinema dà finalmente, attraverso questo film e, per altro verso, anche con "L'immorale" di Germi, le prime prove di aver recepito se non assimilato, dopo un quinquennio di sua attività italiana, l'insegnamento di Marco Ferreri. [...] Entro certi limiti, Tognazzi è riuscito dove ha fallito Germi, nel quale forse il sovrapporsi alla tematica personale di termini del discorso ferreriano non è stato avvertito con sufficiente nitidezza. [...]».
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«[...] Incerto fra Buzzati, Kafka e Evelyn Waugh, il ricordo del Caro estinto è vivo nella seconda parte, cioè fra allegoria, incubo e satira contemporanea, Tognazzi finisce per combinare un'opera confusa nel significato ultimo e sempre a rischio di perdersi per troppe strade diverse. Ciò nulla toglie all'efficienza complessiva dell'impianto spettacolare e alla sensibilità di interprete di Tognazzi, ad una prova d'attore non facile. [...]».
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«[...] Opera tra grottesca e crudele, "Il fischio al naso" restituisce a sufficienza il senso d'impotenza della condizione umana, presa nella inestricabile rete del destino: e al tempo stesso, toccando motivi più realistici, è una satira serrata di certi sistemi delle cliniche moderne (la citazione del Caro estinto è quasi d'obbligo). Tognazzi, naturalmente, come Gassman fa la parte del leone, ma sa controllare molto bene la sua abituale esuberanza di interprete: anzi, le sequenze del Tognazzi ormai rassegnato e quasi assente sono fra le migliori. [...]».
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«[...] Tognazzi attore batte, di molte larghezze, il Tognazzi regista. Poco male: un bravo attore vale assai di più che un mediocre, o anche un discreto regista. Se potremo avere anche il secondo, tanto meglio (e una prima prova non può essere lasciata senza appello). Se no teniamoci ben stretto il primo, perché su di lui, e giustamente, il cinema italiano fa motto affidamento».
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FOTOGALLERY |
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