|
Tognazzi I'ho conosciuto, ancor prima che come attore o regista, come appassionato e "autore" di cucina, quando in una libreria, esattamente vent'anni fa, nel 1982, sono rimasta colpita dalla vivacità dei colori che componevano la copertina del suo libro "Il rigettario". Fu amore a prima vista, la pulsione all'acquisto immediata, era il secondo libro di cucina che compravo dopo I'Artusi. Mi conquistò immediatamente la delicatezza, la personalità intima dell'autore che traspariva dalla lettura delle ricette, quel modo un po' artusiano di scrivere, dove gli ingredienti e la lavorazione sono arricchiti da episodi personali, riferimenti storici, sensazioni. Lo stesso Tognazzi "delicato", che ha un modo tutto speciale di affrontare i dolci, lo prediligo anche nei film; alle opere "forti" quali "La grande abbuffata" preferisco la tenerezza e la sensibilità de "Le ore dell'amore", la personalità civile e I'attore serio e morigerato de "Il commissario Pepe". L'ho scoperto da grande, e questo è stato un bene perché Ugo è per me un autore e attore da adulti, possiede delle sfumature malinconiche e delle impronte caratteriali che si possono apprezzare pienamente solo con la maturità. Era un grande narratore, il suo carattere entra prepotente nelle ricette. Con simpatia e affabulazione è stato un grande innovatore, ha portato in particolare dall'Oriente ingredienti e sensibilità diverse, anticipando di molto quella che poi sarebbe divenuta la moda dei ristoranti cinesi. Per lui la cucina era vera espressione culturale, accanto dunque agli ingredienti rivestono grande importanza gli utensili, i piatti, le decorazioni, i nomi e naturalmente i compagni di tavola. «...In questo mio rapporto d'amore con la cucina non ho né mediazioni né prescrizioni: io sono il creatore della scena e il suo esecutore, il demiurgo che trasforma le inerti parole di una ricetta in una saporita e colorata realtà... La mia è una cucina d'arte. La soffro come pochi. Ed è per questo che do un importanza fondamentale anche alla scenografia che l'accompagna, all'atmosfera che la circonda, a tutto quel flusso di sensazioni piacevoli che ti provengono dalla memoria o dall'ambiente, e che investono prepotentemente il piatto che hai davanti, arricchendolo di antichi sapori e nuovissimi significati (L'abbuffone)». Tognazzi mi fa pensare immediatamente a Gualtiero Marchesi, come lui ha fatto molto per sdoganare la cucina restituendole dignità, cultural estetica e piacere «un goloso, ma non ingordo: lì sta il segreto» (ibidem). Come cuoco è di difficile approccio: ricco, gaudente, giocoso e provocatorio. La mia ricetta preferita è il Concerto per Chitarra e Carciofi; questo piatto mi accompagna per mano fin dall'inizio nella mia storia di lavoro e di passione con I'arte culinaria. Grazie Ugo. |
|