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Porcile |
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INTERPRETI E PERSONAGGI: |
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Pierre Clémenti
(il cannibale), Jean-Pierre Léaud (Julian),
Alberto Lionello (Klotz), Ugo Tognazzi (Herhitze), Anne Wiazemsky (Ida), Margarita
Lozano (Frau Klotz), Marco Ferreri (Hans), Franco Citti
(secondo cannibale), Ninetto Davoli (il ragazzo/Maracchione). |
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CAST TECNICO |
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Soggetto, sceneggiatura:
Pier Paolo Pasolini - Fotografia (Panoramico, colore
della Tecnospes): Tonino Delli Colli, Armando Nannuzzi,
Giuseppe Ruzzolini - Scenografia, costumi: Danilo Donati
- Musica: Benedetto Ghiglia - Montaggio: Nino Baragli
- Produzione: Gian Vittorio Baldi per Idi Cinematografica,
I Film deIl'Orso, Indief (Roma)/ C.A.P.A.C. (Parigi)
- Distribuzione: Indief - Origine: Italia-Francia - Titolo
di comproduzione: "Porcherie". |
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TRAMA |
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Il racconto
svolge parallelamente due storie: una ambientata in
un'epoca arcaica, l'altra ai giorni nostri. Nella prima
seguiamo le peripezie di un giovane, che vive isolato
alle falde di un vulcano, nutrendosi di insetti, rettili
e bacche. Incontrato un soldato, lo uccide e ne divora
il cadavere. Il cannibalismo diventa allora per lui
una specie di folle ideologia, che gli procura numerosi
proseliti. Un giorno la sua banda assalta, violenta
e mangia un gruppo di ragazze. Le autorità del
luogo inviano dei guerrieri a catturare i ribelli,
e il giovane viene condannato a morire secondo la legge
del taglione: sarà a sua volta divorato da animali. Della seconda storia è protagonista un altro giovane,
che vive nella Germania occidentale, nella sontuosa villa
del padre, facoltoso industriale. Il giovane è oppresso
da una profonda inquietudine: non sa decidere se aderire
a un gruppo di contestatori o collaborare con il padre
nell'azienda. Un giorno egli rivela alla fidanzata, che
vorrebbe indurlo a far l'amore, il suo atroce segreto,
la sua particolare inclinazione sessuale per un branco
di porci. Del fatto viene a conoscenza un rivale in affari
di suo padre, il quale tenta di servirsi dell'informazione
per un ricatto; ma è a sua volta ricattato dal
padre del giovane, al corrente dei suoi trascorsi di
criminale di guerra. I due si mettono quindi d'accordo
per la fusione delle rispettive aziende. Il figlio intanto
finisce divorato dai porci. «La società, ogni società, divora
sia i figli obbedienti che i figli né disobbedienti
né obbedienti» (Pier Paolo Pasolini). Ancora una volta Tognazzi partecipa, in un ruolo di contorno,
a un film di un autore importante. Come per tutti i film
realizzati da Pasolini, anche questa volta l'interesse
prevalente per la tematica e la ricerca stilistica dell'autore
porta i critici a trascurare l'apporto degli interpreti. Anche per Tognazzi, "Porcile" è più importante
come esperienza che come interpretazione: «Quella
con Pasolini è stata una esperienza affascinante,
non tanto per il film, non era certo la sua opera più riuscita.
Vi ho interpretato un personaggio seguendo le indicazioni
di Pasolini: e quel lavoro mi è piaciuto molto.
Era strano, io stesso non capivo il significato delle parole
che pronunciavo. Dovevo chiedergli perché dicevo
certe cose, quali erano le allusioni più riposte,
a che cosa si faceva riferimento. Quanto a me, io sono
un autodidatta ignorante, questa è la mia base culturale:
in confronto a Pasolini, io non so proprio niente, zero.
Lui è un grande uomo di cultura, una enciclopedia,
sa tutto. Perciò, in Porcile, non sono stati tanto
il personaggio o il film a interessarmi, quanto la meravigliosa
possibilità, attraverso il mio lavoro, di conoscere
degli uomini intelligenti, dei poeti, dei pazzi geniali
anche, dei personaggi poco comuni. Per me, nella vita,
l'insegnamento viene prima di tutto dagli altri uomini;
mi piace di più leggere un uomo piuttosto che un
libro.» [...]. |
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LA CRITICA |
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«[...]
Due storie combaciate a forza, l'una corrusca e truce,
nello stile barbaro di Edipo re, che trae qualche motivo
suggestivo dal mitico paesaggio etneo ma dove non c'è nessun
nuovo elemento di commozione, nonostante l'impegno dell'interprete,
e per di piu c'è confusione di racconto; l'altra,
di intenzione ironica e tragicomica, corrosa da un dialogo
letterario degno del secentista più forsennato,
in cui si coglie soltanto l'irrisione antitedesca. Ambedue
hanno vocina di zanzara confrontate con le robuste inflessioni
del Vangelo e di Edipo, con le sottili ma inquietanti
ambiguità di Teorema, con l'estro di Uccellacci
e uccellini. [...] È proprio la grazia visiva che questa
volta viene a mancare a Pasolini, l'intensa dolcezza
dell'immagine, il dono antico. Tutto l'episodio etneo è elementare
fino al semplicismo, oltreché poco perspicuo,
e di converso l'aneddoto germanico è d'una sofisticheria
petrarchista che non rinunzia nemmeno al vezzo di far
parlare i personaggi in versi. La figura del capitalista
interpretata da Alberto Lionello è divertente
(mentre Tognazzi e Marco Ferreri sono fantocci), ma come
in una farsa televisiva, non come in "Grosz". [...] Mischiate
il barbaro da cartolina al lezioso da opera buffa, aggiungetevi
l'immancabile dose di svolazzi di Ninetto Davoli, una
stranita Margarita Lozano, e tutta la struttura figurativa
si sfilaccia in un catalogo di eclettiche prove, come
quella drammatica era andata distrutta nell'abbraccio
fra la sentenziosità alla Brecht e i capricci
alla Godard. [...]».
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«[...]
Pierre Clementi e Franco Citti sono abbrutiti, condannati
a strisciare fra le scone. Alberto Lionello, che ha i
baffetti alla Hitler, Ugo Tognazzi e Marco Ferreri in
un decoro che dovrebbe staccarsi dalle deliziose tavole
del Bellini, sono impegnati in un balletto di complicità e
di ricatti. Tutti e tre sono bravissimi. [...]».
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FOTOGALLERY |
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