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La califfa |
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INTERPRETI E PERSONAGGI: |
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Ugo Tognazzi (Annibale Doberdò), Romy Schneider (Irene Corsini, la "Califfa"), Marina Berti (Clementine, moglie di Doberdò), Massimo Farinelli (Giampiero), Roberto Bisacco (Bisacco), Massimo Serato (l'industriale fallito), Guido Alberti (il monsignore), Gigi Ballista (un principe), Enzo Fiermonte (un sindacalista), Franco Ressel (un industriale), Gianni Rizzo (secondo industriale), Stefano Satta Flores (un operaio), Ernesto Colli (un altro operaio), Gigi Reder, Amerigo Tot, Eva Brun, Giancarlo Prete, Luigi Casellato, Ugo De Carellis, Giorgio Piazza, Ilde Maria Reze, Nerina Montagnani. |
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CAST TECNICO |
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Soggetto: dal romanzo omonimo di Alberto Bevilacqua (ed. Rizzoli) - Sceneggiatura: Alberto Bevilacqua - Fotografia (Panoramico, Technicolor): Roberto Gerardi - Scenografia: Gian Tito Burchiellaro - Musica: Ennio Morricone - Montaggio: Sergio Montanan - Produzione: Mario Cecchi Gori per Fair Film (Roma)/Les Films Corona (Nanterre) - Distribuzione: Titanus - Origine: Italia-Francia. - Titolo di comproduzione: "La Califfa". |
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TRAMA |
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Doberdò è uno scaltro e maturo industriate, un "self-made-man" che si è costruito un piccolo impero economico in una cittadina della provincia emiliana. Per solidarietà con gli operai licenziati da un'altra impresa fallita, le maestranze di Doberdò occupano gli stabilimenti. Nel fronteggiare la situazione, il padrone si mostra fermo, ma anche disponibile al dialogo; e quando una delte sue dipendenti, la bella e focosa Irene, detta "la Califfa", con un gesto volgare gli esprime pubblicamente il proprio disprezzo, egli si mostra magnanimo per indurre gli operai (incerti tra le direttive dei capi sindacali e gli incitamenti alla violenza di estremisti facinorosi) a riprendere il tavoro. Irene è una donna indipendente e spregiudicata, rimasta vedova quando le hanno ucciso il marito durante una dimostrazione, e risoluta a combattere l'odiato padrone. Si lascia tuttavia, a poco a poco, ammorbidire e conquistare da Doberdò, negli incontri che i due hanno in fabbrica e poi anche nella villa dell'industriate. Irene diventa l'amante di Doberdò e induce gli operai ad ascoltare le proposte di rinnovamento e di partecipazione avanzate dall'industriale. I disordini, però, continuano; anche perché il progressismo dell'industriale non è ben visto dai suoi colleghi, che minacciano di esautorarlo dalla direzione della loro associazione. Così mentre da un lato Doberdò ritrova nell'amore per Irene la vitatità che aveva perduto nel monotono "ménage" con una moglie banale e un figlio capellone, dall'altro cerca di non farsi sfuggire di mano la situazione in fabbrica. Ma mentre, all'alba, rientra da un ennesimo incontro con l'amante, è assalito e ucciso da sicari, che ne abbandonano il corpo nei pressi della fabbrica. Ancora una volta Irene ha perduto così il suo amore. |
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LA CRITICA |
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Incontro fortunato di Tognazzi con uno scrittore esordiente alla regia cinematografica, che ha in comune con lui le origini padane. In un primo tempo Bevilacqua aveva pensato di affidare il ruolo del protagonista all'attore americano Anthony Quinn: la scelta di Tognazzi avvenne alla vigilia dell'inizio della lavorazione. |
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«[...] Ragguardevole come opera prima, "La Califfa" abusa un po' ingenuamente di simbolismo e sconnessione, ma sente la mano dell'artista nelle prime sfidanti apparizioni dell'eroina, nelle allucinanti suggestioni ambientali della fabbrica-tempio, nel drammatico epilogo, e soprattutto nel caldo ritratto di Doberdò, insaporito da tocchi paesani. [...] Un Ugo Tognazzi ricondotto al semplice se stesso, al tognazzismo puro inteso come "categoria", cioè a una posizione di pericolosa sufficienza, è l'intermittente Doberdò».
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«[...] Romy Schneider e Ugo Tognazzi scelti con felice esattezza per interpretare i due ruoli della Califfa e di Doberdò seguono come due docili sismografi le contraddizioni in cui il regista è caduto ma danno anche al film forza e vigore sottolineandone anche i tratti più umani. [...]».
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«[...] Lo scompenso fra realtà e simbolo, del quale soffre sostanzialmente il film, mette in un certo disagio Ugo Tognazzi per la prima volta impegnato (ma onorevolmente, bisogna dire) in un ruolo che nulla concede alle sue risorse di comico. Più interessante, con qualche tratto di rilievo, è la prova della Schneider [...]».
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«[...] Tognazzi è ormai così bravo, così straordinariamente padrone delle sue reazioni, dei suoi toni, delle sue inflessioni fra il dialettale e il genericamente discorsivo, che tende a imporre il suo personaggio in ogni ruolo in cui gli sia consentito, o propriamente dallo spazio della narrazione, o, come qui, da una certa vaghezza e incoerenza del testo, sicché si ha di continuo la sensazione che lui vada in una direzione e il resto del film in una direzione opposta».
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FOTOGALLERY |
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