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CURIOSITA'
  - UGO E IL CALCIO - La Nazionale Teatranti
 
     
 
     
 
La Nazionale Teatranti
 
     
  Noi, con la compagnia teatrale, facevamo la squadra. Siamo stati i primi a inventare questa cosa di giocare con le vecchie glorie, con i giornalisti e così via. E dovunque andassimo, giocavamo. Si facevano tante piazze, perché la tournée durava sei-otto mesi. Nelle città più piccole, allo stadio si faceva il pienone; e allora bisognava scritturare i giocatori buoni. E dove si trovavano? Fra i ballerini. Dunque, c'erano le audizioni dei ballerini con il coreografo, questi ballavano, il coreografo diceva: «Visto che bravo questo?». E noi, seduti in platea, gli chiedevamo: «Tu sai giocare a pallone?». «Veramente no» rispondeva il malcapitato. «Allora niente» sentenziavamo noi. «Ma come, questo ha fatto la scuola della Scala» si disperava il coreografo... «Fa niente... questo non serve» lo zittivamo noi, implacabili. Finivamo per avere un corpo di ballo che non sapeva ballare, ma era una specie di nazionale di calcio. Cominciai con la Osiris a organizzare le squadre di calcio di compagnia. Ricordo una volta al Vomero, con la compagnia della Osiris e quella di Taranto, una al Diana e l'altra al Politeama; con Gino Palumbo, che allora cominciava a fare il cronista al "Mattino", organizzammo la partita: tutto a credito, manifesti, sbigliettamento, tutto, senza avere una lira in tasca; se il pubblico non veniva, eravamo rovinati. Mi ricordo una sera dopo lo spettacolo, ci guardammo in faccia dicendoci: «Ma siamo sicuri?». E invece vennero diecimila persone. Adesso si fanno queste partite amichevoli, e sembra una grande invenzione, mentre invece non c'è niente di nuovo sotto il sole.  
     
     
 
A orecchio
 
     
  Quando giravamo con la compagnia, quindi, facevamo sempre in modo di avere una buona squadra di calcio. Una volta, a Monza, dovevamo giocare contro la compagnia di Rascel. Uno di noi, il ballerino e poi coreografo Somigli, che aveva giocato nella Pirelli e dunque era molto bravo, mi disse: «C'è questo amico mio, vedessi come gioca!». Quando mi svelò il suo nome gli ribattei: «Ma ha giocato nel Monza! Se dalle tribune lo riconoscono?!». Decidemmo di correre il rischio. Però, prima della partita Rascel volle controllare di persona la formazione della nostra squadra. In mezzo agli altri c'era questo oriundo. «E tu chi sei?» gli fa Rascel. «Sono un orchestrale» risponde lui. Allora Rascel che aveva fiutato l'odor di bruciato, gli fa una domanda musicale: per rispondere bisognava saper leggere la musica. E l'oriundo: «Non lo so: io suono a orecchio». Fu così bravo a rispondere che Rascel lo lasciò giocare.  
     
     
 
Ugo Zamora
 
     
  [Raimondo Vianello ricorda] Tognazzi giocava in porta. Se sentiva il pubblico era capace di esaltarsi, e faceva delle parate eccezionali, da vero portiere. Una volta, a Sassari, contro una squadra forte, mi ricordo un suo tuffo in orizzontale... poi ogni tanto arrivava questo tiruzzo che entrava, anzi rotolava in porta. «Ma Ugo, che fai?» E lui, con aria di sovrano disprezzo e compatimento: «Ma hai visto che tiro?». Come per dire: «E vuoi che m'impegni?». Però intanto il tiro era entrato...  
     
     
 
Milan
 
     
  Ero nato da appena tre giorni e lo zio del Milan legò al mio attributo maschile un nastrino rossonero. Mi sono sempre chiesto che cosa sarebbe successo se anziché un maschio fosse nata una femmina.  
     
     
 
Zio del Milan
 
     
  Lo zio del Milan non era neanche mio zio, ma semplicemente un amico in affari di mio padre che mi aveva fatto da padrino a battesimo. Lo chiamavo zio come tutti i bambini costretti a chiamare zio, per ordine dei genitori, gli estranei di casa ai quali si vuole concedere una maggiore intimità.  
     
     
 
Catalogo degli zii
 
     
  Di zii veri ne avevo già una ventina: metà da parte di madre e l'altra da parte di padre, più lo zio non zio che, per me, però, fu lo zio più zio di tutti perché mi portava alle partite e mi mandava le cartoline con la firma dei giocatori. Gli zii veri e propri si dividevano in: le zie delle bambole, lo zio del carbone e lo zio cassiere (quelli della mamma). Lo zio ricco, lo zio della plastica, lo zio inventore, la zia del brodo, lo zio delle stoffe, la zia bella, lo zio povero e altri meno definiti (quelli del papà). Tutti appellativi che gli aveva affibbiato lo zio del Milan.  
     
     
 
La fede dello zio del Milan
 
     
  Talmente del Milan che: a) abitava a San Siro; b) il suo appartamento era tutto tappezzato di rossonero; c) aveva a strisce, dello stesso colore, anche le pantofole. Ogni stanza era letteralmente coperta di quadretti montati all'inglese contenenti solo fotografie di giocatori di calcio nell'atto di stringergli la mano. Intere squadre con i cinque attaccanti in piedi, i tre mediani accosciati, i due terzini seduti e il portiere sdraiato con il pallone schiacciato a terra. C'era la foto del favoloso Uruguay campione del mundo. Un'acrobatica rovesciata di Piola. Un colpo di testa «strisciato» di Meazza. La fascia bianca sulla testa di Bartolini; e il Milan F.C. del 1910, 1911, 1912, 1913, 1914 (intervallo per guerra mondiale), 1919, 1920, 1921, 1922, 1923, 1924, 1925 (con saluto romano), fino al 1930 o giù di lì. La domenica, se il Milan vinceva, si sbronzava; se perdeva andava a letto alle otto, senza cena. Riuscì a convincere mio padre a cambiare alloggio quando seppe che nello stesso nostro palazzo in via Marconi a Milano era venuto a stare Viani, centromediano dell'Ambrosiana Inter, lo stesso che sarebbe diventato in seguito tecnico mago, sensale di giocatori nel dopoguerra. Una domenica il Milan perse 5 a 0. Lo zio andò a letto senza cena e morì d'infarto. Nel suo testamento spirituale mi lasciò in eredità il tifo per il Milan e gli altri zii.  
     
     
 
Sciagure
 
     
  Torniamo indietro: alle vacanze di Carbonara. Finite le quali, mio padre (che riusciva, non so come, a trovare ancora qualcuno disposto a cedere alle sue lusinghe di assicuratore) si ammalò piuttosto seriamente: la qual cosa ebbe anche spiacevoli ripercussioni finanziarie, poiché la malattia andò avanti per molto tempo. È a questo punto che compare ufficialmente in scena la zia Olga.  
     
     
 
Passioni
 
     
  Zia Olga è un tipo straordinario che conosce a memoria tutte le mie riviste: non mancherebbe a una mia "Prima" neppure se avesse quaranta gradi di febbre. Inoltre, fatto importante, è la moglie di quello zio Marco cui mi rivolsi, nel '43, con la fermissima intenzione di fare l'attore. Ebbene: poche ore dopo, lo zio mi trascinava al teatro Puccini di Milano, a quella serata del debuttante che costituì il punto di partenza della mia carriera. Mia zia era soprattutto una donna comprensiva. Per nulla spaventata che all'età di undici anni per poco non restassi sepolto sotto un muricciolo pericolante che mi ero divertito con alcuni amici a far crollare, mi consentì di dedicarmi all'unica e grande passione dei miei anni giovanili: il calcio. Anche perché, quando entravo in campo, la mia timidezza spariva di colpo: e se poi mi affidavano una porta da custodire, ero il ragazzo più felice del mondo. Fu appunto producendomi come portiere che ebbi i primi applausi convinti della mia vita: mi chiamavano "lo Zamora di porta Vittoria" (Zamora fu un famoso porfiere spagnolo).  
     
     
 
Sconfitte
 
     
  Ma a un campeggio Dux, aggredendo con troppo impeto un muro durante un percorso di guerra, mi massacrai un ginocchio. Volli continuare ad ogni costo, il che mi valse non soltanto una medaglietta di bronzo e una motivazione delle quali ero fierissimo, ma anche una sinovite con complicazioni al menisco che mi costrinse per quattro mesi a un'ingessatura. Dopo di che, addio Zamora di porta Vittoria. E siccome non ero più un ragazzino, e qualcosa dovevo pur fare per contribuire al bilancio domestico, mi impiegai come contabile in una fabbrica di salumi.  
     
     
     
  FOTOGALLERY  
     
 
 
Ugo Tognazzi portiere   Ugo Tognazzi e il calcio   Ugo Tognazzi e il calcio
 
   
 
Ugo Tognazzi portiere   Ugo Tognazzi portiere   Ugo Tognazzi e la squadra di calcio
 
     
 
Ugo Tognazzi e il calcio   Ugo Tognazzi e il calcio   Ugo Tognazzi e il calcio
 
 
 
     
   
   
 
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