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MOSTRA: AFFICHES DEI FILM DI UGO TOGNAZZI |
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Locandine e manifesti da film |
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Ancora una volta l'Arte con la A maiuscola genera "sottoprodotti" che quando vengono riscoperti, soprattutto dagli amatori e dai collezionisti, assurgono a dignità di arti minori. È il caso, invero molto affascinante, della locandina e del manifesto eseguiti per pubblicizzare il lancio di un film. La consuetudine è mutuata dal mondo del teatro. Inizialmente, con l'affissione di un semplice foglio di carta stampata, si dava la notizia della messa in scena che si voleva rappresentare, dell'attore, degli attori, del teatro (o piazza) e delle coordinate temporali. In seguito per rompere con la monotonia, l'«avviso» si è andato arricchendo di decorazioni, di simboli, d'immagini, raggiungendo, durante la Belle Epoque, il massimo dell'espressione decorativa. Manifesti e locandine di commedie, riviste, varietà, operette, etc. vengono commissionati persino ad artisti del calibro di Toulouse-Lautrec. Ecco perché quando inizia la grande avventura del Cinema viene adottato lo stesso sistema pubblicitario: attrae, incuriosisce, piace, invoglia. La locandina e il manifesto cinematografico del '900 vengono stampati con procedure tipografiche quali, per esempio, la litografia, la rotolitografia, la fotolitografia. Tecniche in via d'estinzione, soppiantate, ormai, dalle stampanti laser, supportate dall'uso del computer. Gli artefici, in genere, sono il disegnatore e/o il grafico. Ma talvolta, il grafico è l'assemblatore di un coacervo di microidee che concorrono a sintetizzare in una sola immagine l'essenza del film. Idee delle quali sono fornitori, non di rado, anche il regista, lo scenografo, il fotografo, il caricaturista. Insomma una equipe di "benpensanti", il cui lavoro comune, in definitiva, produce anche un'espressione artistica. Bisogna pensare inoltre che le locandine e, ancora di più, i manifesti di grande formato sono abbastanza rari da reperire in circolazione, soprattutto perché, come è noto, non venivano introdotti nel mercato commerciale. In sostanza non si vendevano al pubblico, ma erano destinati alle sale cinematografiche, che li restituivano alle ditte noleggiatrici o che, avendoli acquistati, li conservavano nel deposito per poi mandarli al macero. Dal che si ricava la preziosa informazione (soprattutto per i collezionisti) che, oltre a non essere stampati in grosse tirature, non ne sono sopravvissuti poi molti esemplari. Daltronde neanche la Biblioteca Nazionale di Roma ne possiede una raccolta. Vale la pena collezionarli? O più semplicemente acquistarli per compiacersi della propria passione cinefila? Magari appendendoli alle pareti, quasi fossero dei Van Gogh? Sicuramente sono di piacevole effetto decorativo. Senza contare che raccogliendoli si diventa protagonisti di un recupero storico e culturale. |
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È senz'altro uno dei più grandi attori del Cinema italiano del '900. Con Manfredi, Sordi, Gassman e Mastroianni è considerato il quinto “punto luce” in un firmamento di stelle. Attore prima di Rivista e Varietà in Teatro e TV, approda al Cinema negli anni '50. Nel 1961 emerge ne “Il Federale” di L. Salce. Decine i Film famosi entrati a far parte della storia del Cinema italiano e non solo. Appassionato di culinaria pubblicò diversi libri di cucina. È stato l'artefice del villaggio che porta il suo nome a Torvajanica, dove ogni anno viene riproposto il torneo di tennis da egli stesso istituito, che vanta quale ambìto trofeo, guarda caso, lo “Scolapasta d'Oro”. Famoso è rimasto il tormentone recitato in “Amici miei” nei panni del conte Mascetti che si concludeva con «...la supercazzola brematurata con scappellamento a destra per due come se fosse antani». |
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Le locandine e i menifesti raccolti per allestire la mostra, la prima del genere, e che ha trovato felice accoglienza nello Stabilimento Balneare Schiano di Torvajanica, a pochi passi dal Villaggio “Tognazzi” testimoniano in parte il percorso artistico e cinematografico del grande Attore. Vengono, pertanto, offerti in vendita anche per diffonderne il messaggio culturale. Si tratta di esemplari rari a trovarsi sul mercato commerciale per le ragioni prima esposte. Un mercato che negli ultimi anni ha varcato senz'altro il confine del modernariato. Alcuni “pezzi” sono delle vere chicche come, per esempio, quello del secondo film di Tognazzi: “La paura fa 90” del 1951; o il mega manifesto de “Il petomane” (cm 200 x 140); oppure la versioe francese de “Il Federale”; o ancora la locandina belga de “I Tromboni di Frà Diavolo”, bilingue (francese e fiammingo), il cui regista risulta essere Miguel Lluch (Per la versione spagnola) anziché Simonelli che lo fu per quella italiana. |
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